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Whistleblowing - Novità e impatti del recepimento della direttiva UE

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Il whistle-blowing: uno strumento per segnalare le cattive condotte in azienda
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Il miglior modo per comprendere l’istituto del whistle-blowing è partire dal suo significato etimologico: il termine whistle-blowing si compone di due termini riconducibili al giro di parole inglese “blow the whistle”, con il quale si fa riferimento al fenomeno del “soffiare il fischietto”, “fare una soffiata”, “vuotare il sacco”.

In altre parole, il whistle-blowing è una modalità di reporting a livello aziendale che permette di portare a conoscenza dei vertici e degli organi di controllo dell’ente, l’esistenza di una cattiva condotta, un fatto illecito commesso sul luogo di lavoro o un potenziale rischio di violazione delle norme aziendali.

Alla luce di tale definizione, il whistle-blowing si presenta come un flusso informativo interno, il cui input proviene da un soggetto appartenente o comunque connesso all’organizzazione aziendale. Il whistle-blower è, per l’appunto, una persona fisica che essendo a conoscenza del fatto (potenzialmente) criminoso nell’ambito della propria attività lavorativa, decide di segnalarlo e condividerlo, così permettendo ai vertici aziendali di venire a conoscenza di fatti accaduti o che potrebbero accadere nel contesto aziendale in grado di mettere a repentaglio l’immagine dell’ente (e non solo!).

Evoluzione normativa del whistle-blowing

Dalla nascita del whistle-blowing, l’implementazione di tale sistema di reporting ha trovato un terreno più fertile nel sistema legislativo anglo-americano, dove alla segnalazione sul luogo del lavoro è stata ben presto recepita all’interno delle norme di rango primario.

Tuttavia, l’Italia non è del tutto nuova a questo fenomeno, poiché il legislatore già a partire dal 2012 ha introdotto questo strumento nel panorama normativo italiano. Più precisamente, con la Legge n. 190 del 2012 il Whistleblowing è stato introdotto nel Testo Unico sul Pubblico Impiego (D.lgs. 165/2001) all’art. 54-bis rubricato proprio “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti” e successivamente con il D.lgs. 179 del 2017 ne è stata estesa l’operatività anche al settore privato, garantendo equità di trattamento e pari tutela tanto ai lavoratori pubblici quanto a quelli privati.

Per quanto il nostro paese si sia dimostrato attento a fornire tutela ai soggetti che segnalano cattive condotte nel contesto aziendale, la disciplina di cui al D.lgs. 179/2017 in combinato disposto con quella dell’art. 54-bis della Legge Anticorruzione appariva poco organica e dettagliata. Infatti, il testo del decreto-legislativo – oggi in parte abrogato – constava di soli tre articoli, lasciando spazio a diverse interpretazioni in merito alle modalità di applicazione dell’istituto del Whistleblowing.

Alla luce della necessità di tradurre gli obblighi della Direttiva (UE) 2019/1937 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione, nell’ordinamento italiano, il Legislatore ha voluto cogliere l’occasione per rivisitare e innovare la disciplina di settore. L’avvio dei lavori non è stato tuttavia immediato e l’Italia è stata a più riprese richiamata dalle istituzioni europee affinché si attenesse ai termini previsti per il recepimento della Direttiva, finendo per essere coinvolta in una procedura di infrazione.

Nelle more della procedura di infrazione ormai avviata, dopo ben cinque anni di attesa, in data 15 marzo è stato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.lgs. 24 del 2023 recante “Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali”.

La nuova disciplina del D.lgs. 24/2023

Oltre ad aver dettato una disciplina decisamente più ampia ed organica rispetto alla precedente il decreto-legislativo rappresenta un grosso punto di svolta sotto diversi punti di vista.

Difatti, se prima il quadro normativo facoltizzava l’ente nel dotarsi di canali interni per la raccolta delle segnalazioni whistle-blowing, ad oggi invece l’adozione di un sistema interno dedicato alle segnalazioni di cattive condotte è divenuto un vero e proprio obbligo. Pertanto, non si tratta più soltanto di una scelta strategica dell’assetto manageriale, bensì di un onere che grava su alcune tipologie di enti con tempistiche perentoriamente stabilite dalla legge.

Per l’esattezza, a norma dell’art. 24 gli enti con più di 249 dipendenti devono adeguarsi al nuovo dettato normativo adottando un sistema di segnalazione conforme ai canoni del nuovo decreto a decorrere dal 17 luglio 2023; mentre, le strutture con personale inferiore alle 249 unità hanno obbligo di adottare il canale a decorrere dal 17 dicembre 2023. Il legislatore ha scelto di concedere un lasso di tempo maggiore alle strutture di dimensioni ancora contenute perché per queste ultime avranno non poche difficoltà operative a gestire i canali di segnalazione di cui dovranno dotarsi.

Tra le altre novità più significative, si segnalano quelle di seguito rappresentate.

 

Ampliamento dell’ambito di applicazione della disciplina e delle condotte che possono essere segnalate

La prima modifica sostanziale, rispetto all’assetto normativo presente nel nostro ordinamento, è certamente l’ampliamento della sfera di operatività del nuovo testo di legge.

Ad essere segnalato potrà essere non solo una potenziale e/o attuale violazione del Modello di Organizzazione Gestione e Controllo ex D.lgs. 231/01, del Piano Triennale Anticorruzione o di altra propria normativa interna adottata dall’ente, bensì qualsivoglia comportamento illecito che violi apertamente le disposizioni normative nazionali e dell’Unione Europea lesive dell’integrità e/o dell’immagine dell’ente stesso. Il sistema di segnalazione diventa quindi uno strumento di compliance aziendale, utile per conoscere qualunque tipo di malpractice, non solo quelle afferenti a specifici sistemi normativi (i.e. D.lgs. 231/01, D.lgs. 72/2015, Legge Anticorruzione). Speciale attenzione è rivolta a tutte le condotte, non necessariamente delittuose che incidono sugli interessi strategici dell’UE, come la privacy, l’antitrust, l’ambiente, ma anche la salute e la sicurezza sul lavoro e la gestione degli appalti pubblici.

 

Significativa estensione della platea di soggetti segnalanti

Altro aspetto di innovazione previsto dal nuovo Decreto è l’estensione della platea di soggetti che possono segnalare le cattive condotte, ciò in considerazione della valenza preventiva che il legislatore vuole conferire al sistema di segnalazione. La disciplina previgente prevedeva che a segnalare il fatto potessero essere coloro che appartenevano alla struttura organizzativa aziendale – con posizioni di rappresentanza o subordinate alla direzione altrui –.

Ad oggi, il quadro normativo di riferimento è fortemente cambiato poiché il segnalante è colui che nel contesto aziendale è venuto a conoscenza (ma anche al di fuori di questo) di un fatto che è stato realizzato o sta per realizzarsi e che costituisce un pregiudizio per l’azienda. In tal senso, assumono rilevanza tutta una serie di posizioni che precedentemente erano del tutto inascoltate ovvero di soggetti che non sono necessariamente legati da vincolo di subordinazione all’ente, come ad esempio gli azionisti, consulenti, collaboratori e finanche i giornalisti, i clienti, i tirocinanti o stagisti e gli ex-dipendenti.

A tali fini è necessario che il canale di segnalazione venga reso pubblico (ad esempio sul sito istituzionale) per consentire ai soggetti che non hanno accesso alle intranet aziendali di poter segnalare le condotte incriminate.

 

Modalità di segnalazione e livelli di divulgazione

Il decreto-legislativo in esame richiede in prima battuta a tutti gli enti sopra descritti di attivarsi per la costruzione di canali interni di segnalazione dotati di un sistema di crittografia, che tutelino la riservatezza dell’identità del segnalante, della persona segnalata nonché della persona eventualmente coinvolta o menzionata nella segnalazione stessa.

La creazione di un tale meccanismo segnalatorio diventa quindi, uno strumento di compliance aziendale, la cui attuazione necessita di una scelta strategica finalizzata all’adozione di un canale idoneo a ricevere le segnalazioni e all’individuazione di una struttura addetta alla sua gestione.

In aggiunta a differenza di quanto accadeva in passato, le segnalazioni possono essere effettuate oltre che in forma scritta con modalità informatiche anche in forma orale tramite casella telefonica registrata o con un apposito incontro fisico. Il legislatore si premura altresì di definire attività concrete per la gestione del canale di segnalazione interna al fine di garantire l’inclusione e l’adeguato coinvolgimento del segnalante in tale fase del processo. Ad esempio, la persona o l’ufficio addetto alla gestione della segnalazione deve:

  • rilasciare al segnalante un avviso di ricevimento della segnalazione   entro sette giorni dalla data di ricezione,
  • mantenere attive le interlocuzioni con il segnalante durante tutto il  processo di gestione della segnalazione aggiornando quest’ultimo  relativamente allo stato di avanzamento della stessa, nonché richiedere (ove necessario) delle integrazioni,
  • fornire riscontro alla segnalazione entro tre mesi dalla data di ricevimento.

Si fa presente che la struttura addetta alla gestione della segnalazione può essere esternalizzata anche ad un soggetto terzo purché questo assicuri tutti i presidi richiesti dalla legge.

Altro aspetto fondamentale della nuova disciplina del Whistleblowing riguarda condizioni e modalità per segnalare la cattiva condotta altrui all’esterno del contesto aziendale.

Si può procedere a trasmettere la comunicazione verso l'esterno quando:

  • non è stato attivato alcun segnale di segnalazione interna nell'ambito del contesto lavorativo o comunque risulta inattivo,
  • il segnalante non ha ricevuto alcun riscontro sul prosieguo della segnalazione effettuata,
  • il segnalante ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, finirebbe per subire una ritorsione,
  • il segnalante ha fondati motivi di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

In tutti questi casi, destinatario della segnalazione sarà l’Autorità Nazionale Anticorruzione. In altri termini, viene garantita all’ANAC una posizione di supervisione del processo di gestione della segnalazione qualora l’intento del segnalante non trovasse riscontro internamente entro le tempistiche stabilite dalla legge.

Tale facoltà viene riconosciuta ai segnalanti in considerazione della scala di valori che il legislatore intende tutelare, tenendo conto del danno che si produrrebbe nei confronti degli enti laddove una notizia relativa ad una cattiva condotta (ad esempio legata a comportamenti tenuti dal datore di lavoro) venisse divulgata pubblicamente.

Di fondamentale importanza, rispetto all’adozione dei canali di segnalazione è altresì il ruolo che il legislatore assegna all’ANAC la quale dovrà vigilare sulla corretta gestione del processo di segnalazione da parte dell’impresa e analizzare le segnalazioni eventualmente pervenute nel caso di non conformità dei canali di segnalazione adottati dall’impresa alla normativa di riferimento.

 

Tutela contro atti ritorsivi estesa anche ai c.d. soggetti facilitatori

Il nuovo decreto-legislativo oltre a tutelare la riservatezza di colui che segnala, purché non sia anonimo, garantisce ulteriori tutele ai soggetti c.d. facilitatori, ovvero alle persone che hanno preso parte al processo decisionale del soggetto che ha agito facendo “una soffiata”. In altri termini, tutti i soggetti che hanno supportato il whistle-blower nella sua decisione ultima di segnalare la condotta rilevante, incentivandolo o rassicurandolo, nonché ai familiari e affini del segnalante che operano nel medesimo contesto lavorativo.

Dall’estensione delle tutele ai soggetti sopramenzionati, si deduce che il legislatore al fine di combattere atteggiamenti omertosi nel contesto aziendale tenta con il nuovo testo di legge, di incentivare il più possibile la segnalazione attraverso l’utilizzo di canali interni.