Il 16 dicembre 2022 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la Direttiva 2022/2464, nota come Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), con cui la Commissione Europea introduce il nuovo quadro normativo per rendere obbligatoria e sistematica la rendicontazione di sostenibilità.
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Oltre alle grandi imprese, già obbligate dalla direttiva 2014/95/UE, recepita in Italia con il D.Lgs 254/2016, il nuovo obbligo comprenderà anche le piccole e medie imprese (PMI) ad eccezione delle microimprese, per un totale stimato di circa 50.000 organizzazioni in tutta l’Unione Europea.

Per implementare la nuova direttiva, l’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) è stato incaricato per lo sviluppo di standard comuni di rendicontazione, gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), che sono stati adottati tramite atto delegato lo scorso 31 luglio 2023. A questi, nel 2024, saranno affiancati anche gli standard di settore nonché quelli specifici per le PMI.

In risposta alle preoccupazioni espresse dalle imprese europee riguardo le molte difficoltà a cui dovranno far fronte per adeguarsi alla nuova direttiva, la Commissione ha rivisto la prima bozza dell’EFRAG, prevedendo una progressiva implementazione dei requisiti informativi e dei KPI richiesti alle imprese. Ciò offrirà maggiori opzioni alle aziende riguardo a cosa rendicontare e permetterà un’adozione graduale di alcuni requisiti ambientali e sociali, in particolare quelli non strettamente legati alla crisi climatica e non prioritari per l’azienda. Infatti, è stato attribuito un ruolo più centrale al processo di valutazione della materialità con l’eliminazione del principio secondo il quale tutte le informazioni prescritte negli standard dovrebbero essere considerate rilevanti per l’impresa.

Questo approccio più flessibile sarà particolarmente utile per le PMI, che si troveranno per la prima volta ad implementare la rendicontazione di sostenibilità e dovranno far fronte a sfide maggiori per conformarsi ai nuovi requisiti.

Le imprese saranno inoltre chiamate ad adottare un modello di business più flessibile, che permetta di integrare la sostenibilità all’interno delle proprie struttura, nell’ambito dei processi aziendali ed accogliere nuovi approcci che richiedono cambiamenti significativi nella struttura e nei processi. L’eccessiva rigidità delle strutture operative e organizzative, infatti, riduce la capacità di adattamento delle organizzazioni ai mutamenti dell’ambiente esterno con il rischio di ridurne la resilienza nel lungo periodo. In aggiunta, stando all’approccio forward-looking auspicato dai nuovi principi Europei, le imprese dovranno concentrarsi non solo sulla rendicontazione delle informazioni ma anche sulla definizione di obiettivi concreti volti a migliorare le proprie performance in termini di sostenibilità. Senza obiettivi chiari e misurabili, infatti, il reporting di sostenibilità potrebbe non avere un impatto significativo sulle pratiche aziendali e perdere la sua funzione di indirizzo delle decisioni strategiche dell’organizzazione.

Inoltre, per valutare le prestazioni aziendali in termini di sostenibilità, sarà essenziale implementare processi di monitoraggio, raccolta ed elaborazione dei dati relativi ai criteri ESG (Ambientali, Sociali e di Governance), senza i quali le imprese potrebbero non essere in grado di soddisfare tutti i requisiti dei nuovi standard di rendicontazione. Questo vale specialmente per coloro che hanno una supply chain complessa o dipendono da fornitori esterni per la disponibilità delle informazioni. Un aspetto cruciale degli ESRS, infatti, riguarda la catena del valore e la rendicontazione dovrà includere informazioni sulle relazioni a monte e a valle dell’organizzazione, interessando anche coloro che non sono obbligati dalla CSRD, creando nuove sfide nella raccolta dei dati. Le imprese si scontreranno con le difficoltà legate alle proprie capacità di ottenere le informazioni, specialmente le PMI non obbligate che, oltre a non avere a disposizione alcuni dati, potrebbero non essere disposte a sopportare l’ingerenza della controparte.

La carenza di competenze e di personale qualificato sulla sostenibilità in azienda rappresenta un ulteriore problema comune che potrà ostacolare il progresso verso una gestione responsabile e sostenibile in linea con quanto richiesto dai nuovi principi. Le aziende dovranno affrontare la complessa scelta strategica tra sviluppare internamente le competenze o acquisirle da fonti esterne (make or buy), oltre a dover gestire la mancanza di consapevolezza, la carenza di formazione specifica e di una adeguata pianificazione strategica in linea con la sostenibilità.

Infine, anche gli aspetti relativi alla governance richiederanno una compliance più estesa. Sarà essenziale condurre un’analisi dettagliata delle competenze degli amministratori, monitorare le presenze e la frequenza delle riunioni degli organi societari, valutare l’indipendenza dei membri, delineare in maniera chiara i criteri e i processi di nomina e selezione degli organi di amministrazione, direzione e controllo e definire ulteriori criteri per garantire una gestione sostenibile e responsabile.

Nonostante le PMI abbiano ancora qualche anno a disposizione per adeguarsi alla nuova direttiva, si ritiene essenziale avviare fin da ora un percorso di adeguamento. Ciò permetterà loro di mettere in campo tempestivamente tutte le azioni necessarie per affrontare le nuove sfide previste dalla normativa ed evitare di trovarsi impreparate quando saranno coinvolte dai nuovi obblighi legislativi.